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Con il termine "retico" si designano la lingua e l'alfabeto attestati durante la seconda età del Ferro (dal V secolo alla Romanizzazione nel I sec. a.C.) nella zona alpina e prealpina orientale in Italia settentrionale. In particolare si tratta di un complesso di circa 350 iscrizioni (16 in più rispetto all'edizione dei MLR). Un gran numero di iscrizioni è rappresentato da contrassegni o numerali. L'estensione geografica delle iscrizioni retiche copre un'area che comprende il Trentino, il Tirolo meridionale e settentrionale, la bassa Valle Engadina e parte del Veneto settentrionale / occidentale. Centri di maggiore diffusione della lingua sono Sanzeno, Cles (in Val di Non) e Pergine Valsugana in Trentino, Magrè presso Vicenza e San Giorgio di Valpolicella presso Verona in Veneto, Sluderno, Settequerce e San Lorenzo di Sebato in Alto Adige. In Austria alcune iscrizioni provengono dall'area attorno ad Innsbruck (Demlfeld, Steinberg am Rofan) e dalle Alpi bavaresi, rese note negli ultimi anni. L’areale di diffusione della cultura scritta si adatta bene alla definizione archeologica della cultura di Fritzens-San Zeno da una parte e Magrè dall'altra.
La maggior parte delle iscrizioni retiche consiste di poche lettere, disposte talvolta su due o tre righe. Le iscrizioni con un numero maggiore di segni sono la Situla di Cembra, con 50 lettere o la statuetta di bronzo a forma di pesce da San Zeno, con 25 lettere; la maggior parte dei testi sono per lo più incompleti e di difficile lettura. Dato l’uso della scriptio continua adottato in ambito epigrafico retico, l'isolamento delle parole e la conseguente individuazione delle unità lessematiche sono spesso difficili. Essendo molte parole attestate una sola volta è inoltre spesso difficile determinare una loro definitiva attribuzione a categorie linguistiche o a classi lessicali. In molti casi si tratta di nomi propri, per i quali invece sono state isolate le teminazioni morfologiche.
Oggi, grazie a recenti indagini linguistiche, sappiamo anche che la lingua delle iscrizioni retiche non appartiene alla famiglia indoeuropea, ma costituisce, assieme all'Etrusco e alla lingua delle iscrizioni di Lemnos, un gruppo linguistico a sé, chiamato "Tirrenico comune".
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Cronologia
La cronologia delle iscrizioni retiche copre un arco temporale di circa cinque secoli, partendo dalla metà del VI secolo fino alla Romanizzazione (I sec. a.C.). Tale cronologia coincide sostanzialmente con quel periodo che viene chiamato "seconda età del Ferro".
All'interno di questa fase ogni tentativo di ulteriore definizione cronologica è stato fino ad oggi assai impervio, date le difficoltà legate alla natura dei contesti archeologici e dei supporti e alla situazione documentaria. È noto infatti che la regione alpina che si identifica con il territorio retico presenta rari esempi di necropoli, che solitamente forniscono i migliori appigli per un ragguaglio cronologico. Anche i luoghi di culto, i cd. "Brandopferplaetze" (roghi votivi), luoghi sacri all'aperto con riutilizzo di materiali di epoche più antiche per il susseguirsi degli atti rituali, non consentono una definizione cronologica se non per grandi periodi, che sono quelli di frequentazione del santuario.
Nei Monumenta Linguae Raeticae (MLR) le iscrizioni sono state sottoposte a seriazione epigrafica, un procedimento che partendo dall'analisi delle modifiche nei tipi alfabetici nel tempo, li sequenzia in fasi consentendo la datazione di ogni singola fase. All'interno delle varie fasi infatti alcuni elementi datanti possono aiutare nella definizione cronologica dell'intera fase.
Le fasi individuate nella tradizione epigrafica retica sono tre: Fase I (37 iscrizioni): dalla fine del VI alla metà del V sec. a.C.; Fase II (19 iscrizioni): dalla metà del V alla fine del III sec. a.C.; Fase III (4 iscrizioni): II-I sec. a.C. Molte iscrizioni, ca. l'80% del totale, rimangono comunque senza datazione epigrafica, o perché si tratta di testi molto brevi e quindi non databili, o perché le lettere in essi utilizzate non sono caratteristiche di una singola fase, ma continuano dall'inizio alla fine delle attestazioni. In questi casi talvolta la cronologia è data dal supporto epigrafico stesso.
Modelli alfabetici
Già a partire dalla prime pubblicazioni delle iscrizioni retiche con T. Mommsen (1850), C. Pauli (1885), J. Whatmough (PID, 1933) si capì che l'alfabeto utilizzato in questa regione era molto simile a quello etrusco ("nord-etrusco"). La matrice etrusca si riscontra in effetti in molti segni, ma, come capita per altri alfabeti delle lingue dell'Italia antica di derivazione etrusca, lo sviluppo autonomo dell'esperienza epigrafica locale fa registrare operazioni di modifica, soppressione e aggiunta di nuovi grafemi. Tra i grafemi aggiunti ci sono delle peculiarità, come la zeta di tipo venetico, con funzione di /z/, il cd. segno "a scala" (cfr. tavola degli alfabeti) o il segno a freccia verso l'alto, presente questo anche nel vicino alfabeto camuno. La distribuzione di questi segni appare localizzata regionalmente, dato che il segno a scala è soprattutto presente a Magrè (Vicenza), mentre quello a freccia soprattutto a Sanzeno (Trento). Queste peculiarità, come anche le varianti grafematiche di alcuni tipi alfabetici, fanno distinguere generalmente due distretti alfabetici, quello di Sanzeno/Fritzens e quello di Magrè.
Bisogna rilevare che la scelta dei grafemi in ambito retico rispecchia esigenze fonologiche analoghe a quelle della lingua etrusca. È infatti proprio a causa delle caratteristiche fonologiche strutturali delle due lingue che si utilizzano sia in Etrusco che in Retico due grafemi distinti per due tipi diversi di sibilanti (o spiranti), ovvero il sigma a tre tratti e il san o tsade.
Classi testuali
La maggior parte delle iscrizioni retiche contiene nomi di persona in formule di dono o usati da soli, almeno nei casi in cui si riesce ad individuare le caratteristiche onomastiche specifiche come la desinenza -nu per i nomi aggiunti (in probabile funzione patronimica) maschili e -na per i femminili.
Non sono al momento noti i nomi divini in dediche votive. Nella lamina di bronzo iscritta di Demlfeld (Ampass, Austria), proveniente dal contesto votivo di un Brandopferplatz, si cita una pluralità di soggetti a cui è dedicata la lamina: gli Avašuera, che potrebbero essere delle divinità.
Purtroppo, dato lo stato frammentario delle classi lessicali conservate, è difficile, in assenza di suffissi onomastici, capire la natura delle parole individuabili. Si può trattare di prenomi ma anche di nomi comuni. È il contesto, volta per volta, che consente di restringere il campo alle interpretazioni e quindi di attribuzione di classi testuali. Qualche iscrizione di carattere funerario sembra individuabile nella necropoli di Vadena/Pfatten, dove al nome personale sembra seguire un verbo al preterito in -ke.
Per quanto riguarda la destinazione dell'intento comunicativo delle iscrizioni, siamo sicuri della categoria soltanto in pochi casi.
Tra questi si collocano ad esempio i casi di iscrizioni con nome verbale "upiku", analogo semanticamente forse all'etrusco "aliqu", "mulu", lasciando intravedere l'intento dedicatorio nel testo, confermato anche dai casi pertinentivo (= dativo) del destinatario della dedica e dell'ablativo per il dedicante. Il fatto che alcune di queste iscrizioni provengano da contesti sacri ci fa capire che si tratta di dediche scritte a scopo religioso.
Molti sono i contrassegni/numerali incisi, anche come testi isolati, su categorie differenziate di oggetti, come ad esempio utensili, vasi o armi. Le sigle, anche composite, costituite da lettere legate tra loro e da segni diacriticati (alterati mediante l'aggiunta di piccoli apici o trattini), sono da riferire probabilmente sia alla produzione degli oggetti, come sorta di "marchi di fabbrica", sia a computi/conteggi inerenti alla produzione stessa.
Un'altra categoria individuata è quella di testi magici/religiosi di ambito privato. In alcuni contesti abitativi sono stati rinvenuti infatti astragali o ossi di animali in serie, contrassegnati sia da sigle che da brevi iscrizioni. I primi sono usati probabilmente nella pratica divinatoria della astragalomanteia, mentre i secondi sono spesso stati interpretati come sortes.
In molti altri casi di singole parole, può trattarsi di nomi comuni, che indicano l'oggetto stesso della dedica.
Ductus e divisio verborum
La scrittura retica è sinistrorsa e continua. Non mancano casi (alcune decine) di iscrizioni scritte, soprattutto nella fase più recente dell'epigrafia retica, con ductus destrorso. Alcune lettere scritte in modo capovolto in alcuni testi rendono talvolta difficile l'identificazione del ductus, soprattutto se si tratta di sigle o testi di poche lettere.
Il Retico presenta talvolta interpunzione interverbale, usata raramente (una ventina di casi) e realizzata sia con due o tre punti allineati in modo verticale sia con un punto singolo o trattino (più raramente).