Mnamon

Antiche scritture del Mediterraneo

Guida critica alle risorse elettroniche

Proto-sinaitico

- ca. XVIII-XIV sec. a.C.

a cura di: Paolo Merlo    DOI: 10.25429/sns.it/lettere/mnamon018
Ultimo aggiornamento: 3/2022


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Sfinge Serabit el-Kadim (iscrizione Sinai 345)


Con la denominazione di iscrizioni “protosinaitiche”, ci si riferisce alle più antiche iscrizioni redatte in scrittura alfabetica di tipo lineare-pittografico scoperte circa un secolo fa presso Serabit el-Khadin, una miniera di rame e turchese della penisola del Sinai.

Tale denominazione serve a distinguere queste antiche inscrizioni da una parte da quelle più recenti rinvenute in zone vicine – quali ad esempio le iscrizioni nabatee – dall'altra parte da quelle quasi altrettanto antiche, ma rinvenute in Palestina, essendo quest’ultime denominate “protocananee”. 

La scrittura protosinaitica è di tipo alfabetico consonantico (abjad), cioè fornisce la notazione grafica di ogni fonema consonantico con un singolo segno, senza riportare graficamente le vocali. Tale sistema è usuale nelle antiche lingue semitiche. A causa della brevità di molte iscrizioni, non è sempre possibile determinare la direzione della scrittura.

Il corpus delle iscrizioni protosinaitiche attualmente note supera le trenta unità. Alcune sono molto brevi (tre-quattro segni), altre sono più lunghe.

Data l’assenza di un contesto stratigrafico per queste iscrizioni, la datazione assoluta è ancora oggetto di dibattito. La maggioranza degli specialisti pongono le più antiche attorno al XVIII-XVII sec. a.C. (cfr. Sass 1988, 135-144; Hamilton 2006), ma altri preferiscono una datazione più recente, intorno al XVI-XV sec. a.C. (cfr. Albright), recentemente Sass 2004-05 ha proposto di abbassare ulteriormente la datazione di tali datazioni.

 

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Ritrovamento

Il ritrovamento delle iscrizioni protosinaitiche è avvenuto principalmente come avvenimento secondario, e fortuito, nel corso di scavi archeologici egittologici. Le prime notizie su antiche incisioni del Sinai compiute in una allora sconosciuta scrittura risalgono alla fine del XIX sec. Petrie scoprì varie nuove iscrizioni durante le campagne di scavo del 1904-05 nelle miniere di Serabit el-Khadim (Petrie 1906). Successivamente Gardiner (1916) propose un suo primo tentativo di decifrazione di questa nuova scrittura e concluse che tali iscrizioni sinaitiche erano di tipo alfabetico e dovevano essere correlate ai segni geroglifici egiziani tramite un principio di tipo acrofonico. Questo primo rilevante tentativo fu accettato dagli studi successivi ed è ancora oggi ritenuto valido nei suoi fondamenti.

Alcune altre iscrizioni furono rinvenute negli anni 1920-30 (Butin 1932), negli anni 1950 (Gerster 1961), nei decenni successivi (Beith-Arieh 1980) fin’anche recentemente (Dalix 2012). Le iscrizioni protosinaitiche sono numerate secondo l’ordine cronologico di scoperta (ad eccezione dei ritrovamenti più recenti) iniziando dalla numerazione del catalogo di Gardiner 1916 (cfr. anche la raccolta di Sass 1988).

La maggioranza delle iscrizioni sono state rinvenute nel distretto di Serabit el-Khadim nella regione sudorientale del Sinai (cfr. Sass 1988, p. 9). Recentemente alcune iscrizioni da Timna (Wimmer 2010) e da wadi el-Hol (Darnell, et al. 2005) si sono aggiunte al corpus delle iscrizioni protosinaitiche.


Tentativi di decifrazione

Gardiner (1916) fu il primo a proporre la dicifrazione di queste iscrizioni. Basandosi sulla somiglianza che i segni delle iscrizioni lineari provenienti da Serabit el-Khadim avevano da una parte con le lettere fenicie e dall’altra con i segni geroglifici, egli propose che tali iscrizioni dovessero essere alfabetiche e che esse dovessero essere correlate con i segni geroglifici egiziani tramite un principio di tipo acrofonico. Nel 1948 W.F. Albright presentò un importante lavoro su queste iscrizioni e avanzò un tentativo di decifrazione più completo di quello proposto da Gardiner. Nel 1966 Albright pubblicò una nuova versione del suo studio e sostenne di aver individuato ben 23 segni dell’insieme dei 27 segni che, teoricamente, avrebbero dovuto costituire l’inventario completo dei grafemi della scrittura protosinaitica.

Il misero stato di conservazione delle iscrizioni, unito alla loro brevità e alla mancanza di segni separatori tra le varie unità grammaticali, rende molto difficoltoso avere certezze in merito a tali tentativi di decifrazione. In ogni caso vi è unanime consenso che i segni protosinaitici abbiano forti correlazioni con i geroglifici (e i segni ieratici) e che il loro valore fonetico sia da derivare da un principio acrofonico semitico. Secondo tale principio il valore fonetico di ogni segno grafico deriverebbe dal primo suono della parola rappresentata dal segno stesso, così come era pronunciata al tempo in cui furono inventati i segni. Per esempio, il segno raffigurante la palma di una mano era usato per indicare il suono /k/ in quanto la parola “palma (di una mano)” in quel tempo si pronunciava /kapp/.

Recenti tentativi di completa decifrazione dei segni protosinaitici sono quelli di G.J. Hamilton (2006) e L.D. Morenz (2019).