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La lingua meroitica venne scritta a partire dal III secolo a.C. usando due distinti sistemi di scrittura, il meroitico corsivo e il meroitico geroglifico, assai meno diffuso. Si tratta di due sistemi di scrittura alfasillabici, con un soli ventitré caratteri e un segno di interpunzione. Il meroitico si estinse nel IV secolo d.C. con il collasso dell'Impero kushita.
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Cultura orale
Sebbene la lingua meroitica sia attestata a partire dal II millennio a.C. (attraverso nomi di persona, tribù e luogo che fanno la loro comparsa in testi scritti in egiziano), un sistema di scrittura proprio non compare fino al III secolo a.C. Durante il florido periodo di Kerma (2500-1500 a.C. circa), l’impero kushita era dunque amministrato senza l’utilizzo della scrittura, segno dell’importanza della cultura orale e della reticenza a mettere per iscritto qualsiasi cosa. La scrittura (geroglifico egiziano, ieratico) venne introdotta in Nubia durante la XVIII dinastia egizia (1550-1292 a.C.) e rimase in uso durante l’intero periodo dell’occupazione coloniale (durato circa cinquecento anni) per scrivere testi in lingua egiziana. Dopo il ritiro delle forze egiziane tra Nuovo Regno e Terzo Periodo Intermedio, alla fine del II millennio a.C., l’interesse ad utilizzare la scrittura svanì rapidamente, per riemergere solo nell’VIII secolo a.C. con la cosiddetta XXV dinastia nubiana, che dal cuore dell’impero kushita risalì verso l’Egitto, riunificandolo e conquistandolo. Non vi è dubbio che giovani kushiti fossero istruiti nell’uso della lingua e della scrittura egizie durante entrambi i periodi.
Introduzione di meroitico corsivo e geroglifico
Dopo la perdita dell’Egitto da parte dei sovrani kushiti nel secondo quarto del VII secolo a.C. e il rientro nella Media Valle del Nilo dei suoi sovrani, prima a Napata e poi a Meroe, la scrittura e la lingua egiziane rimasero in uso fino al III secolo a.C. Vennero poi soppiantate in documenti, iscrizioni funerarie e stele reali dalla lingua locale e da due nuovi sistema di scrittura: prima il cosiddetto meroitico corsivo, derivato in parte dall’Egiziano demotico; poi dal meroitico geroglifico, indipendente dal corsivo, ma in parte derivato dai geroglifici egiziani e riservato alle pareti templari. Il primo testo corsivo sicuramente databile risale al 200 a.C. e menziona il qore (re) Arnekhamani. L’esistenza di altre iscrizioni i cui caratteri sembrano meno evoluti farebbe pensare che l’introduzione del corsivo risalga almeno al III secolo a.C. Il primo testo databile in meroitico geroglifico è invece il doppio cartiglio del qore Taneyidamani, risalente al 150 a.C. circa. A differenza del geroglifico egiziano, dunque, il geroglifico meroitico venne introdotto solo dopo l’invenzione del corsivo.
Mentre il corsivo è paleograficamente più interessante, riconducibile ad almeno tre fasi principali (arcaica, di transizione e tarda) e a diverse sottofasi, il meroitico geroglifico era una scrittura assai più stabile. Analisi paleografiche permettono di datare un testo corsivo con uno scarto di circa cinquanta anni.
L’ultimo testo datato in meroitico corsivo è l’iscrizione di Kharamadoye, re dei Blemmi (410-20 d.C.), mentre l’ultimo testo datato in meroitico geroglifico compare su un oggetto del corredo funerario di un principe noba sepolto ad al-Horbagi intorno al 350 d.C.
La scrittura
La scrittura meroitica venne decifrata nel 1909 da Francis Llewellyn Griffith (1862-1934), che riuscì a determinare il senso di lettura corretto, cioè da destra a sinistra, e ad isolare i ventitré caratteri del corsivo. Fu Fritz Hintze (1915-1993) a scoprire che si trattava di una scrittura alfasillabica: alle consonanti si aggiungeva sempre di default una vocale /a/ (ad es. ba, ma, na), mentre per ottenere una sillaba con diversa vocale o senza vocale si aggiungeva un modificatore. Primo fra i sistemi di scrittura antichi, il meroitico corsivo era dotato di segni di interpunzione (due o tre punti verticali utilizzati per separare le parole). Contrariamente ad altre scritture antiche, nessun testo propriamente bilingue è giunto fino a noi; una delle rare eccezioni è costituita da una giara ritrovata fra il corredo funerario della regina Nahirqo, in cui una breve etichetta in demotico egiziano (irp n Kmy, ‘vino d’Egitto’) è affiancata da un testo meroitico (Qomo-s-o, ‘questo viene dall’Egitto’).
I supporti
Mentre la distinzione principale fra geroglifico e ieratico o demotico egiziano risiede nell’uso monumentale o documentario della scrittura, questa distinzione non avviene per il meroitico: la scrittura corsiva infatti si trova molto spesso anche su pietra. L’evolversi dei segni in forme meno angolari e più allungate fa pensare ad un uso costante su supporti come la carta di papiro, di cui però sono rimasti sono pochissimi esemplari da Qasr Ibrim, in Bassa Nubia. Il resto dei testi o deve essere ancora scoperto o si è distrutto a causa delle condizioni climatiche, assai umide, del Sudan. La maggior parte dei testi in meroitico è stata dunque trovata su supporti in pietra: stele, pareti, tavole d’offerta.
I testi
I testimoni del meroitico sono assai poco numerosi: appena sopra le duemila iscrizioni in circa cento anni di scavi archeologici. Il 40% dei testi sono epitaffi su stele funerarie o su tavole d’offerta. Si conservano inoltre una ventina di stele reali incise sull'arenaria o sul granito. Vi sono anche diversi proskynemata, graffiti di adorazione incisi sulle pareti dei templi da parte dei pellegrini: se ne trovano a Philae, Kawa e Meroe. Sulle pareti dei templi le iscrizioni poste a legenda di immagini degli dei e dei sovrani erano di solito scritte in meroitico geroglifico. Esse non sono moltissime, la maggior parte vennero scritte durante il regno della Candace (regina madre) Amanitore e del qore Natakamani nel I secolo a.C.
Iscrizioni più brevi, in genere su ostraca o schegge di pietra, sono costituite dai decreti oracolari amuletici, emessi dai sacerdoti meroitici, da documenti contabili e da etichette su oggetti del corredo funerario.