- Presentazione
- Indice dei contenuti
- Approfondimenti
La scrittura utilizzata per trascrivere la lingua lemnia è derivata da un alfabeto greco di tipo occidentale ‘rosso’ con alcuni adattamenti.
In particolare la necessità di segnare due diversi tipi di sibilanti ha imposto di aggiungere accanto ad un normale sigma a quattro tratti, una variante a tre tratti ‘regolarizzata’, con il tratto centrale disposto in verticale.
Per analogia con l’etrusco, si può immaginare che il sigma ‘regolarizzato’, trascritto semplicemente come s ed utilizzato per le desinenze del genitivo e del pertinentivo (-s, -si), servisse a segnare la sibilante semplice (s di “seme”); di conseguenza il sigma a quattro tratti, trascritto come ś, marcava probabilmente una sibilante marcata (forse come la sc di “scena”).
Come per l’etrusco, il lemnio non utilizzava le occlusive sonore /b g d/ e non differenziava i suoni /u/ e /o/; ma a differenza delle scrittura diffusa in Italia, si preferì utilizzare l’omicron, abbandonando l’ypsilon nell’uso.
L’uso delle aspirate φ χ θ è identico alla lingua etrusca, ma a differenza di quest’ultima non si hanno testimonianze di segni corrispondenti al suono /f/ (che nell’Italia arcaica venne trascritto dapprima con il digramma hv o vh e poi con il segno a 8). È possibile pertanto che il lemnio non sentisse la necessità di indicare tale suono (il che lo distinguerebbe fortemente dall’etrusco), ovvero che nella scrittura il suono fosse stato assimilato all’aspirata φ (come potrebbe indiziare la corrispondenza lessicale naφoθ[s] ~ neftś.
In base a questi dati, anche in assenza di un alfabetario, si può ricostruire una sequenza alfabetica teorica:
a e v h θ i k l m n o p r s ś t φ χ
Si noti che in alcuni siti e pubblicazioni sulle iscrizioni lemnie, si fa uso di una diversa convenzione grafica per la trascrizione delle sibilanti, che vengono rese come s - z.
L’andamento delle iscrizioni è generalmente rivolto da destra verso sinistra, ma non mancano alcuni casi di bustrofedismo, come nella dedica dal santuario arcaico di Efestia (teatro), che procede da destra a sinistra nella seconda riga (da leggere per prima) e in direzione progressiva nella prima riga.
Nei testi più lunghi, a Kaminia come a Efestia, l’interpunzione è indicata regolarmente con tre punti sovrapposti, eccetto quando la conclusione della parola coincide con la fine di una riga.
Vai alle risorse on-line della scrittura.
Risorse on lineIndice dei contenuti
Alfabeto importato o creazione locale?
Un problema sul quale è impegnata una parte della critica moderna riguarda la questione se la scrittura utilizzata per trascrivere la lingua lemnia sia un adattamento della scrittura etrusca, importata dall’Italia (in seguito all’installazione di naviganti etruschi sull’isola), ovvero una creazione autonoma derivata dalle scritture greche del mar Egeo.
A favore della prima ipotesi si considera soprattutto la presenza del chi a tridente, secondo la tradizione degli alfabeti “rossi” occidentali (come l’alfabeto euboico-calcidese), diffusi in Italia, a differenza delle altre scritture dell’Egeo settentrionale, che di regola fanno parte del sistema “azzurro”.
Tuttavia, a parte questa caratteristica comune, parecchie differenze che separano la scrittura di Lemnos dalle scritture etrusche, a partire dalla scelta dell’omicron al posta dell’ypsilon per marcare la vocale velare chiusa e dalla forma del sigma a tre tratti “regolarizzato”, con il tratto centrale verticale (laddove invece l’etrusco conosce l’opposizione di sigma e tsade o tuttalpiù, in area ceretana a partire dalla fine del VI secolo a.C., sigma a 3 e a 4 tratti, ma mai della forma documentata a Lemnos).
Un elemento significativo potrebbe essere l’interpunzione sillabica: infatti, se la sua presenza nella grafia della stele di Caminia (C. de Simone, G.F. Chiai, 2011) fosse confermata, si avrebbe la prova sicura del contatto tra la tradizione scribale etrusca e quella di Lemnos.
Tutto considerato, allo stato attuale delle conoscenze, l’ipotesi più verosimile è che la scrittura di Lemnos sia una creazione indipendente dell’area egea (L. Agostiniani, 2012) e che il chi a tridente sia una variante, vale a dire un elemento della tradizione grafica “rossa” penetrato nel contesto di un alfabeto che per il resto segue la tradizione grafica “azzurra”.
Ma naturalmente in futuro nuove scoperte epigrafiche potranno fornire ulteriore materia alla discussione.