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Esistono tre lingue celtiche continentali antiche:
- Il leponzio è la lingua parlata nel Nord dell’Italia tra il VI e il IV secolo a.C.
- Il gallico è la lingua celtica parlata in Gallia le cui prime forme sono attestate verso il IV sec.a.C. e che è attestata fino al V sec.d.C. Esistevano verosimilmente più dialetti diversi in Gallia, anche se non è realmente possibile, attualmente, poterne precisare le caratteristiche.
- Il celtiberico è la lingua parlata dai Celtiberi la cui presenza è attestata a partire dal IV sec.a.C., ma la cui lingua è attestata epigraficamente solo a partire dal II sec. a.C. È parlata e scritta, in una maniera verosimilmente omogenea ma puntuale, nel nord della Meseta spagnola.
Queste tre lingue sono lingue indoeuropee, che sono derivate dal celtico comune, con delle evoluzioni specialmente nel trattamento della labio-velare *kw. Questa opposizione (Celtico con P/Celtico con Q) non è l’elemento di distinzione più importante tra le lingue celtiche.
Si deve considerare, secondo Schmidt, il trattamento di *ṃ / *ṇ : il celtiberico li tratta in -a : am/an.
Lo schema (a volte criticato in quanto semplificato) proposto da Lejeune per distinguere le lingue celtiche è il seguente:
Gallico : p + an |
Celtiberico : kw + an |
Brittonico : p + en |
Irlandese : kw + en |
Indice dei contenuti
Leponzio
Il leponzio è una lingua celtica continentale parlata tra il VI e il IV secolo a.C. di cui noi abbiamo conoscenza tramite iscrizioni concentrate in prevalenza intorno a Lugano tra il lago di Como e il Lago Maggiore nell’Italia del Nord.
Fonetica
Occlusive
Vi sono solo due tratti propriamente lepontici: l’indebolimento della n preconsonantica e l’assimilazione -nd- > -nn.
Dal punto di vista fonetico il lepontico, come il celtiberico, non distingue tra sorde e sonore.
Il vaso di Ornavasso indica che la lingua nella quele è redatta l’iscrizione ha un trattamento della labiovelare *kw in /p/, che l’avvicinerebbe al gallico.
Vocali
I tratti vocalici sono quelli noti per le lingue celtiche.
• *ē > ī
• tendenza all’apertura di -ĭ to -ě
• *ō *ū in sillaba finale.
Morfologia
Secondo Michel Lejeune, non vi sono caratteristiche flessive del lepontico che non si trovino sia nel gallico che nel celtiberico, sia (per ricostruzione) nel gaelico (Lepontica, 1971, p. 113).
È probabile che a partire dal IV secolo a.C. l’insediamento dei Galli nell’ Italia del nord ha rafforzato ancora di più la parentela tra il lepontico e il gallico.
Per questi problemi, rinviamo all’opera di Michel Lejeune, Lepontica, 1971, pp. da 111 a 123 che tira le conclusioni linguistiche dell’inventario delle iscrizioni lepontiche note fino al 1970.
A causa delle dimensioni limitate del corpus di queste iscrizioni, è difficile precisare meglio le caratteristiche della lingua lepontica. Gli specialisti si interrogano tuttora sull’appartenenza del lepontico alle lingue celtiche.
Gallico
Il gallico è una lingua celtica continentale che appartiene alla famiglia detta Celtico «con P» ovvero dove il trattamento della labiovelare *kw si è evoluto in p come nelle altre lingue celtiche brittoniche.
Questa prossimità al brittonico viene marcata ugualmente da un medesimo trattamento nel gruppo interno -nm- > -nu.
Fonetica
Occlusive
Dal celtico comune (evoluzione dell’indo-europeo), si conserva l’idea della perdita di aspirazione delle sonore aspirate (confuse con le sonore semplici).
Non si hanno a disposizione dunque le seguenti occlusive:
sonore : /b, d, g /
sorde : /p, t, k/
due nasali : /m, n/
due liquide : /l, r/
una sibilante : /s/
una affricata: /ts/ denotata dal teta in gallo-greco e dalla d barrata in gallo-latino
una spirante : /x/, annotata χ in gallo-greco e X in gallo-latino.
Vocali
• Passaggio da *ē > ī e da *ei > ē che è un tratto caratteristico celtico. Per *rēx il gallo-greco scrive talvolta ρειξ altre volte ριγς.
• In sillaba finale, passaggio da *ō a ū. Esistono numerose variazioni ortografiche in particolare nel gallo-greco per le quali si rimanda all’appendice di RIG I.
Esistono anche delle semi-vocali : /w, y/.
Laringali
Il trattamento laringale in posizione interconsonantica è in ā : -gnātus (Cintugnatus, "nato da", > *genHe).
Morfologia
Il gallico è, come le lingue indoeuropee, una lingua flessiva. Tuttavia, non è ancora possibile determinare con precisione quanti casi vi fossero nel gallico.
Il carattere frammentario della documentazione e soprattutto la natura ripetitiva dei dati (spesso antroponimi) non permettono di ricostruire una tabella completa della declinazione.
Stessa cosa, per quanto riguarda la morfologia verbale e la sintassi.
Per questi problemi si rimanda all’opera di P.-Y. Lambert (chap. IV : Morphologie et chap. V : Notes de syntaxe).
Celtiberico
Il celtiberico appartiene alla famiglia che presenta diversi arcaicismi, che viene detta “Celtico con Q” (come il gaëlico) nella quale il trattamento della labio-velare *kw non si è evoluto in p come nelle altre lingue celtiche: *kwetṷor > gallese petguar ; cornico peswar ; bretone pevar e gallico petorritum (« carretto a 4 ruote»).
Per fare il punto della situazione della storiografia e la bibliografia delle tappe della costituzione della grammatica celtiberica, vedere Villar, 1995,capitolo V, pp. 84-107.
Fonetica
L’inventario fonetico del celtiberico è estremamente conservatore ed è molto vicino a quello che si può ricostruire per il celtico comune.
Occlusive
Del celtico comune (evoluzione dell’indo-europeo), si mantiene il concetto della perdita della aspirazione nelle sonore aspirate (che si confondono con le sonore semplici) e la perdita della labiale sorda (p). Il sistema delle occlusive è quindi assai ridotto.
t k kw
b d g (gw)
• deaspirazione della serie sonora aspirata e fusione con le occlusive sonore.
• *gw > b : labializzazione unicamente della labio-velare sonora = tratto propriamente celtico.
• p > *f > ø :in posizione iniziale e intervocalica. *pro > ro ex. robiseti (BBI, A8).
Vocali
• Passaggio da *ē > ī e da *ei > ē che è un tratto celtico. Per es. bronzo di Luzaga : teiuoreikis *dẹ̄ṷo-rīks (qui in ultima sillaba).
• In sillaba finale, passaggio da *ō a ū. Da questo punto di vista, Kim McKone propone di ipotizzare così un passaggio da *ō a *ā in sillaba non finale, allo stesso modo se questo tratto non è attestato.
• il trattamento di *ā à *ō in sillaba atona potrebbe essere illustrato da stoteroi (BBIV, B7).
Laringali
Il trattamento delle laringali in posizione laringale interconsonantica si trova in ă tuateros (g. sg. BB III, III-24) e in tuateres (BB III, II-40) < *dhugh2ter cf. θυγάτηρ.
Dittonghi
• ei denota sia ẹ̄ / ī derivanti da un dittongo originario *ei, sia un ī derivante da un *ē originario. Per es : ueizos (K.0.11) *ṷeid- (in sillaba iniziale) ; sekeiza (A.8) (in sillaba interna)
• *oṷ si mantiene nel celtiberico (boustom, BBI, A4) allo stesso modo di *ai e *oi : cf. belaiskom (A.80) e tokoitos (BBI, A1, A10) ; *eṷ non esiste.
Sonanti
*ṛ e *ḷ davanti a consonante diventa ri et li. Tratto questo senza dubbio celtico.
Negli altri casi, *ṛ e *ḷ diventano ar e al in maniera parallela a *ṃ / *ṇ : am/an.
Sibilanti
Un lavoro di base è stato condotto per le sibilanti soprattutto da F. Villar. Gli elementi che si possono ricavare sono i seguenti :
• *s originaria: si mantiene in posizione iniziale ; in posizione anticonsonantica; in posizione finale assoluta. In questo caso, la grafia è M che noi trascriviamo con s.
• *s > z in posizione intervocalica. La grafia è dunque s che noi trascriviamo con z.
Morfologia
L’intera morfologia e sintassi del celtiberico è stata studiata nei due volumi di Carlos Jordán Colera a cui si rimanda.