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L’elamita è la lingua parlata nell’Elam, la regione situata nell’Iran sud-occidentale (le moderne province di Khūzestān e Fārs) dal III al I millennio a.C. Il nome elamita della lingua non è noto; in sumerico veniva chiamata eme Elama, “lingua dell’Elam”. Il paese dell’Elam era chiamato in elamita Hatamti o Haltamti. La maggioranza dei testi che documentano questo idioma provengono dalle città di Susa (Shush), Persepoli e Anshan (Tall-i Malyan), come pure da altri siti nel in Khūzestān e nel Fārs.
L’elamita non risulta affiliato ad alcuna delle lingue note del Vicino Oriente antico, sebbene alcuni studiosi abbiano cercato di analizzare possibili legami con le lingue caucasiche, altaiche e dravidiche. L’elamita è una lingua agglutinante, caratterizzata da un numero di suffissi decisamente inferiore a quello del sumerico e del hurrita. Il suo sistema flessivo presenta suffissi e clitici nominali e verbali. Durante il I millennio a.C. l’elamita si trovò presumibilmente sotto l’influsso dell’antico-persiano, poichè nuovi morfemi casuali, postposizioni e prestiti entrarono in uso. I nomi sono caratterizzati da un’opposizione di genere tra animati e inanimati. Una prima fase storica della lingua potrebbe essere rappresentata dal cosiddetto Proto-elamita, attestato dalla metà del IV millennio a.C. fino al III millennio a.C. incluso. Questa scrittura non è stata tuttavia decifrata (si veda la scheda del Proto-elamita per i dettagli). La lingua elamita può essere distinta in quattro varietà dialettali: antico-elamita, documentato dal periodo del dominio della dinastia di Akkad (ca. 2300-2100 a.C.) fino al 1500 a.C. ca.; medio-elamita, attestato dal 1500 a.C. al 1000 a.C. ca.; neo-elamita, che appare usato durante l’ultimo periodo di indipendenza politica del regno di Elam (717-640 a.C.); e l’elamita achemenide (fine del VI-fine del V secolo a.C.), che si sviluppò come una delle lingue ufficiali dell’impero persiano. Invece, nulla è certo riguardo la scomparsa di questa lingua. La possibilità che l’esistenza del popolo noto come Elimei nel tardo III secolo possa essere una prova a favore della sopravvivenza di questa lingua è oggetto di speculazione. Il primo testo elamita è un trattato stipulato tra il re elamita Hita e il sovrano di Akkad Naram-Sin (XXIII secolo a.C.). In generale, l’evidenza documentaria da questo periodo appare scarsa e proviene quasi esclusivamente dalla città di Susa; altri testi in elamita dal III millennio a.C. includono testi magici. Il periodo medio-elamita è documentato da iscrizioni su mattoni d’argilla, oggetti in pietra e metallo, generalmente riguardanti la costruzione di edifici templari e la consacrazione di oggetti agli dèi elamiti. Questi testi presentano una più ampia distribuzione nella regione, come testimoniano i documenti rinvenuti a Lyan (Bandar Bushehr), Dur-Untaš (Chogha Zambil) e Kapnak (Haft Tepe). L’evidenza testuale neo-elamita comprende iscrizioni reali, centinaia di documenti economici da Susa, circa venti lettere da Ninive, la capitale dell’impero assiro, testi giuridici, testi di contenuto religioso e un testo ominoso.
L’elamita continuò ad essere usato nel periodo achemenide, come attestano le iscrizioni reali elamite dei sovrani achemenidi (specialmente la versione elamita dell’iscrizione di Dario I su roccia a Behistun, nelle vicinanze di Kermanshah, che accompagna le versioni in antico-persiano e in accadico), le numerose tavolette d’argilla di contenuto economico e amministrativo scoperte a Persepoli e in altri siti (ad esempio, ad Argištihenele). Queste tavolette, alcune delle quali riportano anche annotazioni in aramaico, rappresentano la stragrande maggioranza dei documenti achemenidi scritti tra la fine del VI e la metà del V secolo a.C. e dimostrano come la lingua e la scrittura elamite costituissero ancora una parte importante dell’educazione degli scribi.