- Presentazione
- Le scritture
- Approfondimenti
L’aramaico è una lingua semitica del gruppo nord-occidentale registrata in numerosi documenti, rinvenuti principalmente nel Vicino e Medio Oriente (Siria-Palestina, Mesopotamia, Egitto, Anatolia, Arabia, Iran, Asia Centrale), e datati a partire dal X-IX sec. a.C. La lingua aramaica è ancora scritta e parlata ai nostri giorni, sia nei territori di più antica attestazione che in alcuni Paesi d’emigrazione.
La millenaria storia dell’aramaico è stata scandita in varie sequenze cronologiche. Nell’ambito del dibattito scientifico quella che ha incontrato più fortuna è la sequenza proposta da Fitzmyer:
- aramaico antico (circa 925 a.C.- 700 a.C.);
- aramaico d’impero (700 - 200 a.C.);
- aramaico medio (200 a.C - 200 d.C.);
- aramaico tardo (200 - 700 d.C.);
- aramaico moderno.
Nessuna delle partizioni proposte da Fitzmyer indica naturalmente una netta cesura tra fasi linguistiche. Per i singoli periodi individuati si annoverano inoltre testimonianze di diverso genere e di entità non omogenea, il che può portare, come nel caso dell’aramaico medio, ad individuare singole varietà (ad esempio lo Standard Literary Aramaic, proposto da Greenfield per alcuni documenti di area palestinese del I sec. a.C. - I sec. d.C.), ma può anche non permettere un’analisi linguistica completa. Questa situazione ha indotto altri studiosi, tra i quali occorre ricordare Beyer, a concepire articolazioni differenti per la storia della lingua aramaica.
L’aramaico antico comprende una serie di varietà locali di aramaico utilizzate in regni indipendenti della regione siro-anatolica, che vivono all’ombra delle grandi potenze mesopotamiche dell’epoca, finché una di queste, l’impero neo-assiro, ne porta a conclusione la vicenda politica. A causa, tra le altre, delle deportazioni assire e della mobilità sociale e culturale indotta dalle loro conquiste, l’aramaico penetra profondamente nelle regioni mesopotamiche, affiancando il babilonese come lingua di ampia diffusione nel periodo immediatamente successivo (impero neo-babilonese, metà del VII - metà del VI sec. a.C.). Per quanto alcune varietà siano state individuate già nella documentazione più antica, la storia dell’aramaico si muove lungo una direttrice unitaria almeno fino alla fine dell’età achemenide (metà del VI - seconda metà del IV sec. a.C.), nella quale l’aramaico, lingua ufficiale dell’amministrazione persiana, segue più o meno coerentemente i modelli che trovano origine nell’uso della cancelleria imperiale. Per alcune aree, come l’Egitto, ottime possibilità di analisi sono fornite da una eccellente documentazione manoscritta.
Differenze tipologiche più marcate emergono nella documentazione dell’aramaico medio, dove si individuano varietà legate all’affermarsi di entità statuali quali il regno nabateo (aramaico nabateo), il regno palmireno (aramaico palmireno), la signoria e poi il regno di Hatra (aramaico hatreno), oppure circoscritte ad esperienze culturali come quella della comunità essena di Qumran.
La piena manifestazione di differenze linguistiche tra aree geografiche è una delle caratteristiche preminenti della documentazione aramaica tarda. In quest’ambito si individuano due gruppi: occidentale (area siro-palestinese) e orientale (area mesopotamica). L’aramaico orientale comprende l’aramaico giudaico babilonese (lingua del Talmud babilonese e in generale delle comunità ebraiche della regione di Babilonia) e il mandaico (lingua dei mandei, membri di una setta gnostica stanziati nelle paludi alla foce dei fiumi Tigri ed Eufrate). Nell’aramaico occidentale sono compresi l’aramaico giudaico palestinese (lingua del Talmud gerosolimitano e degli ebrei stanziati nella regione siro-palestinese), l’aramaico cristiano palestinese e il samaritano. Sebbene tradizionalmente inserito nel gruppo aramaico orientale, il siriaco è oggi di preferenza collocato in una posizione intermedia tra aramaico orientale e occidentale, in ragione delle sue caratteristiche tipologiche, che sono riconducibili in parte all’una ed in parte all’altra area linguistica.
Differenze assai marcate dal punto di vista fonologico, morfologico e sintattico si possono rilevare fra aramaico tardo e aramaico moderno (neoaramaico). Non esistono se non rari e discussi testimoni del passaggio fra fasi anteriori dell’aramaico e varietà parlate in età moderna e contemporanea. Queste ultime si dividono in dialetti, definiti soprattutto su base geografica: neoaramaico occidentale (parlato in tre villaggi dell’Antilibano siriano), neoaramaico centrale (documentato nella regione montagnosa compresa tra Siria nord-orientale, Turchia sud-orientale e Iraq nord-occidentale) e neoaramaico nord-orientale (Iraq nord-orientale e area del lago di Urmia).
In lingua aramaica è stato redatto un gran numero di documenti epigrafici giunti fino a noi. Oltre a questi si sono conservati testi su papiro, pergamena, ostraca e altri supporti.
In aramaico sono stati scritti e tramandati, tra gli altri: parti significative dei libri biblici di Ezra e Daniele, l’Apocrifo della Genesi e altri testi qumranici, i Targumim (traduzioni aramaiche del testo biblico) di Onqelos (Pentateuco) e Jonathan (Profeti), consistenti settori del Talmud babilonese e gerosolimitano, testi midrashici, la Storia e i Proverbi di Ahiqar, numerose opere di letteratura religiosa cristiana antica, documenti storici di assoluta rilevanza come la versione aramaica, ritrovata in Egitto, dell’iscrizione di Dario I a Behistun, documenti amministrativi e commerciali che aprono spaccati importanti sulla vita economica dell’antichità, testi religiosi di culti scomparsi ma importanti per descrivere il contesto di nascita e sviluppo dei monoteismi contemporanei (ebraismo e cristianesimo in primis), ecc.
Durante il corso della sua storia l’aramaico è stato in contatto con lingue di svariate culture semitiche e non semitiche, di cui ha fatto propri alcuni stimoli, lasciando a sua volta traccia della sua influenza nel loro patrimonio. In particolare sono da sottolineare i rapporti tra aramaico e lingue quali l’ebraico, l’arabo e l’accadico (lingue semitiche), o il persiano, il greco, il turco, il curdo (lingue non semitiche). Come l’ebraico e in parallelo con il greco, l’aramaico ha infine rivestito un ruolo di primo piano nella storia religiosa del Vicino Oriente antico.